Malattia e sanità. Illustrazione arte e storytelling

Oltre la malattia. Dialoghi di arte e sanità. La malattia e la salute nelle narrazioni e illustrazioni

“Tout est neuf, Tutto è nuovo” afferma con stupore Henri Matisse, superati i 70 anni, dopo l’intervento chirurgico all’intestino e con occhi nuovi percorre un cammino di rinascita nell’arte, sperimentandosi in nuove tecniche e lavori, coi grandi collage ritagliati, i papiers gouachés découpés, e la luce e i colori da lui creati nella cappella di Vence.
Si possono raccontare la malattia e la sanità oltre le barriere degli stereotipi? Guardare oltre la malattia e parlare di vita? Dall’incontro con il creativo Armando Borrelli e la giornalista Loredana Masseria, durante il Convegno “lo storytelling in sanità ieri, oggi, domani” (Polo del ‘900 Torino, 24 gennaio 2024), sorge un dialogo sulla narrazione della malattia e della salute, attraverso i loro personali punti di osservazione all’interno della “sanità”. Borrelli, grafico, illustratore e fumettista, ha avuto una esperienza di tumore e riprogetta la vita e il suo fare arte col disegno e il racconto. Masseria suggerisce un percorso alternativo alle storie di scandalo e alle fiction edulcorate di sanità, attraverso lo storytelling della quotidianità nella sanità, raccontando il ‘buono’ che vede e raccogliendo le voci e le storie dei protagonisti.

«Tout est neuf, tout est frais comme si le monde
venait de naître»
Tutto è nuovo, tutto è fresco come se il mondo
fosse appena nato».

(Henri Matisse, Écrits et propos sur l’art, Paris(1908-1953) 1

Le parole di Henri Matisse nel 1942, dopo l’intervento chirurgico per cancro all’intestino l’anno precedente, richiamano come la prova della malattia possa trasformare e svelano l’atto di nascere e rinascere al mondo nell’autenticità delle proprie percezioni, con uno sguardo nuovo e di stupore verso la vita, con uno spirito creativo che privilegia i sensi, oltre il corpo malato.

L’operazione muta radicalmente la sua vita, lo segna in una condizione di non autosufficienza, di adattamento ai limiti fisici. L’artista entra in una nuova dimensione quotidiana fatta dalla sedia a rotelle, dalla costrizione dello stare per molto tempo sdraiato, dalla necessità di una assistente per le esigenze quotidiane di vita, dalla lontananza della moglie Amélie e della figlia Marguerite, entrambe in clandestinità nella resistenza durante la guerra. Superati i 70 anni, reduce dall’intervento chirurgico e provato nel corpo, l’artista dimostra la capacità di reinventarsi, di rinnovarsi nell’arte, di esplorare nuove tecniche e sperimentare nuovi lavori, come ci incantano i grandi collage ritagliati, i papiers gouachés découpés, e la manifestazione di luce e colori che crea nella cappella di Vence tra il 1948 e il 1951.

E’ l’arte come cura e come ricerca non solo di adattamento, ma di rinnovamento e rinascita, che conduce a percorsi e visioni nuove.

La capacità di affrontare con consapevolezza i mutamenti della vita e rigenerarsi è quella che ho riconosciuto nell’artista Armando Borrelli 2. Relatore al Convegno “lo storytelling in sanità ieri, oggi, domani” (Polo del ‘900 Torino, 24 gennaio 2024) e con tutta l’ironia e la capacità di raccontare le sue illustrazioni e la sua malattia al pubblico attento e coinvolto dell’evento, trasmette una scossa che va in profondità, rivela il senso del benessere nell’arte e attraverso l’illustrazione narrativa. Non certo al compatimento e al dolore guarda Borrelli, ma all’ironia e alla capacità di coinvolgersi e coinvolgere col sorriso, con uno humor caldo e in alcuni casi graffiante. Mette a nudo la malattia, la svela nelle nostre mediocrità, nei tentennamenti, nella quotidianità del ritorno a casa, nelle pratiche di invalidità e negli esercizi di abilità dentro la burocrazia, negli approcci impacciati e stonati dei caregivers.

Tutto è nuovo: ripartire dal colore

“Tout est neuf, Tutto è nuovo” si può dire anche con Armando, con la sua mano che disegna e dipinge con i colori vegetali e riprende le forze e la capacità dell’uso dopo l’operazione. Sono i colori scoperti in ospedale, durante le prove di abilità residue di mano e vista, di esercizio creativo – mente, cuore e mano – realizzato disegnando con gli ortaggi e la frutta della mensa. Nasce così un libro di disegni e parole, “Un arancia nella testa. Pillole di Tumorismo”, ideato durante la degenza, che anima la storia di un cancro – un glioblastoma al cervello – e l’umanità incontrata durante l’ospedalizzazione, li intreccia alla diversa quotidianità, alla grevità della burocrazia e della gestione delle cure, e guarda a nuove prospettive, e non al limite della malattia. Un tumore che è un’arancia, e che lui disegna. Un creativo che si riprogramma non sulla diversità della malattia, ma sulla vita. Armando insegna a spostare lo sguardo sempre e a cambiare prospettiva quando il cammino diventa faticoso, a sorridere ampliando l’orizzonte. Se lo schermo e la grafica digitale diventano faticose dopo l’operazione, recupera la comunicazione con la pittura. Sono tenui e leggeri i colori che compongono i disegni della storia di ospedale e cancro, di ritorno a casa, raccontano una storia di arte e di vita, di forza e sorriso. Armando sa togliere la pesantezza dell’autobiografia dolente e confeziona una ricetta magica e d’aiuto per i nostri mali, di spirito e corpo.

Il tumore descritto dai medici come una arancia è un disegno colorato di agrume che prende forma negli schizzi dopo l’operazione. Recuperare l’arte del disegno, la manualità, esercitare la coordinazione, la percezione visiva, la concentrazione: ecco la sintassi della nuova esperienza che si apre. Nei passi con cui un creativo come Armando riprova ad appropriarsi in modalità nuova del proprio lavoro e della propria arte c’è tutta la fatica e la forza di coloro che dall’esperienza di malattia riannodano la ricerca di normalità di vita, il recupero dell’indipendenza e la creazione di nuovi progetti di senso. Pillole di Tumorismo è una pozione, di parole e disegni, per salvarci dalle metafore di malati combattenti e di grandi e brutti mali. E’ antidoto contro le immagini stereotipate del malato o il pietismo compassionevole e limitante.

Leggi le interviste ad Armando Borrelli, (creativo) e a Loredana Masseria, (giornalista)

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