Armando Borrelli

L'educazione ospedaliera e l'umorismo di un tumorato
Aspettavo Armando davanti al bar per un’intervista. Mi aveva avvertita che l’avrei riconosciuto dal bastone bianco, quindi, ho supposto fosse non vedente. Osservavo i passanti cercando di intercettare una persona non vedente ed ero quasi convinta fosse quel vecchietto ricurvo che si trascinava verso il bar col suo bastone, stavo quasi per andargli incontro, quando mi sento chiamare: “Uè Loredana, sono qua”. Mi giro ed era lui, niente affatto vecchio, solare, ma come avrà fatto a riconoscermi non l’ho capito.
Armando è una di quella persone che ti emozionano. Sarà la sua napoletanità, l’accento partenopeo ha resistito alla seduzione dell’inflessione sabauda, la sua ironia, il suo mondo fatto di colori e poche lettere. Ha 48 anni, la barba a contorno di un sorriso coinvolgente.
É un illustratore diventato famoso per aver rotto gli schemi su quell’alone che ancora circola intorno alla parola Tumore/Cancro, osando scrivere ‘Pillole di tumorismo’, prendendo in giro se stesso, in qualità di ‘tumorato’ come si definisce, il mondo ospedaliero e il tumore stesso.
Perché bisogna saper ridere. La parola tumore, in Italia viene vista come se fosse un mafioso…non si dice-non parlare-quel brutto male, nessuno dice la parola ‘tumore’. La paura è anche rispetto, ma io dico che noi non dobbiamo rispettare la malattia, la dobbiamo calpestare. Bisogna chiamare per nome il Tumore o il Cancro perché ciò significa aver trovato già il coraggio di affrontarlo. 
Partiamo dall’inizio, da quel lontano 2016, quando Armando soffriva di mal di testa, o meglio, come precisa lui “…avevo mal di testa-mal di testa-mal di testa e andavo dai dottori che mi dicevano che era stress – che vuoi è stress- è stress…”. 

Allegati